Scandalo Facebook. Quanto è al sicuro la tua Privacy sui Social Media?
Nelle ultime settimane Facebook è finito nell’occhio del ciclone per un presunto traffico di dati degli utenti finalizzato ad influenzare il risultato delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti.
Tutto è stato possibile, stando alle accuse, grazie alle informazioni di cui era entrata in possesso una società inglese, Cambridge Analitica, esperta di analisi di dati e marketing elettorale.
Cosa è successo davvero?
Nel 2013 un ricercatore universitario di Cambridge, Aleksandr Kogan, ha creato un'app per quiz di personalità che, sfruttando meccanismi di viralità e riprova sociale, ha raggiunto oltre 270 mila download in poche settimane.
Fin qui niente di strano, se non fosse che:
- Ogni app permette di accedere a molti dei dati personali degli utenti (legge “potenzialmente” tutto quello che hai condiviso su Facebook, inclusi post, commenti, like, immagini, video, tag…)
- Nel 2013 c’era un'apparente falla nel sistema di Facebook che permetteva legalmente non solo di accedere a questi dati, ma anche a quelli degli amici.
Da qui si è arrivati alla cifra di circa 50 milioni di utenti tracciati e profilati
(seppure in modo anonimo) e alla vendita di questi dati a Cambridge Analitica
Per farci cosa?
Presumibilmente marketing elettorale e influenzare l’ultima campagna presidenziale USA a favore di Donald Trump, stando alle supposizioni dei media.
Di chi è la colpa di questi “dati trafugati”?
In realtà di tutti e di nessuno, anche perché riuscire davvero - come ha sostenuto Mark Zuckerberg di Facebook – a sapere esattamente quali dati sono stati carpiti e sfruttati senza il consenso esplicito di Facebook e degli utenti stessi è probabilmente più una promessa politica che una concreta realtà.
Infatti nel 2013 il sistema Facebook consentiva di prelevare questi dati (degli utenti e dei loro amici) in totale trasparenza e senza particolari limiti, quindi di certo non si può dare la colpa ad Aleksandr Kogan e alla sua app. Tecnicamente poteva prenderli e li ha presi senza rubare nulla a nessuno.
Cambridge Analitica, a sua volta, ha legalmente comprato questi dati da Kogan e li avrebbe sfruttati per condurre campagne di marketing mirato.
Ecco… diciamo che qui il discorso si fa più complesso perché, se raccogliere i dati poteva essere lecito, sfruttarli (dopo averli trasformati in informazioni veramente utili) diventa più border-line, a prescindere dall’uso finale che uno ne fa, ovviamente.
In passato hanno rubato pure i tuoi dati?
Molto probabilmente, se vivi in Svizzera o in Italia, per quanto riguarda questa vicenda nello specifico i tuoi dati personali non sono stati “sfruttati” per niente.
Ma il problema va analizzato più in generale, ossia:
- Chi altro, oltre a Kogan, aveva sviluppato app potenzialmente simili e che permettevano di raccogliere facilmente dati tuoi e dei tuoi amici?
- Cosa ne hanno fatto questi sviluppatori di questa mole di dati? Li hanno tenuti per migliorare le loro app e crearne di nuove, oppure li hanno rivenduti a qualcuno (simile a Cambridge Analitica)?
- Questo qualcuno come li ha usati? Ha fatto campagne pubblicitarie, analisi di mercato, creato contenuti mirati?
Al momento Zuckerberg ha di nuovo promesso che “avrebbe approfondito” ciò che riguardava il passato ed ha assicurato che oggi il sistema è molto meno permissivo, condivide meno informazioni e, soprattutto, richiede un consenso esplicito degli utenti
quando installano App che sfruttano il meccanismo di autenticazione attraverso Facebook.
E, anche se nello specifico Google non è stata chiamata in causa, lo stesso discorso è applicabile pure a loro, soprattutto per via della strettissima integrazione con i sistemi smartphone basati su Android.
Quali scenari si avranno nei prossimi anni?
Quello che accadrà da oggi in avanti è certamente una maggior attenzione, specie a breve termine, sul discorso privacy e tutela dei dati personali (vedasi la recente regolamentazione europea GDPR), con tutte le multinazionali del web sotto la lente dei vari garanti e giornalisti investigativi.
Sicuramente aumenteranno i controlli, le maglie diventeranno più fitte e gli utenti si troveranno a dover autorizzare “a mano” le applicazioni anche in più passaggi. Un discorso simile – sempre in ottica GDPR – avverrà anche per le mailing list e la raccolta e trattamento dei dati attraverso il proprio sito web o altre forme di marketing diretto e/o locale.
Il rischio è che, passata la fase iniziale di “attenzione elevata”, tutto si normalizzi e gli utenti, digerita la scocciatura di dover fare qualche click in più, tornino esattamente come prima ad installare app e pubblicare dati e post senza particolare cura piuttosto che rinunciare all’uso di strumenti come Facebook, Instagram, Google e, in generale, uno smartphone o molti siti web.
Cosa puoi fare da subito per evitare problemi in futuro?
La realtà è che il vero mercato è quello dei dati degli utenti: il che non va visto per forza come il male assoluto, perché ci sono anche degli aspetti positivi e che pure tu puoi sfruttare sia come fruitore che come fornitore di prodotti o servizi
.
Certamente come utente devi imparare a:
- Riconoscere e non installare le applicazioni potenzialmente dannose e poco trasparenti nella gestione dei tuoi dati personali
- Sapere esattamente come configurare i siti web e le app tipo Facebook e Google affinché possano “vedere” il numero minimo di informazioni possibili
- Fare molta attenzione nel pubblicare contenuti, soprattutto testuali, dentro queste piattaforme perché devi dare ormai per scontato che possano analizzare e riconoscere ciò che hai scritto e sfruttarlo per identificarti all’interno di una certa categoria (per immagini e video si tratta solo di una questione di mesi
Ma, dopo tutto, l’intelligenza artificiale può anche esserti di grande aiuto, semplificarti la vita, aiutarti negli acquisti, nella pianificazione di un viaggio o nella scelta del tuo prossimo ristorante.
Come puoi sfruttare il sistema a tuo vantaggio?
Immagina per un momento di avere un prodotto specifico per una categoria di persone ben identificabile e che ha espresso in modo esplicito una preferenza, per esempio per il Lugano Football Club o l’hockey su ghiaccio in generale.
Se vuoi organizzare un evento speciale per loro non ti farebbe comodo poter “sfruttare” questi dati per intercettare rapidamente e a un costo ridicolo (rispetto alla pubblicità tradizionale) questo pubblico di appassionati?
Ma non finisce qui.
Perché, se tu fossi un tifoso di hockey, non vorresti ricevere più opportunità e informazioni sul tuo sport preferito, invece delle solite pubblicità generiche su automobili, smartphone e compagnie di telefonia?
In questo modo domanda e offerta non solo si incontrano ma lo fanno anche in modo elegante e senza forzature di nessun tipo
Il massimo del risultato per entrambi con il minimo dell’investimento e nessuna scocciatura.
Cosa dovrebbe fare subito un imprenditore evoluto?
Da una parte – lato utente – salvaguardare al massimo i propri dati, facendo molta attenzione a pubblicare contenuti che possano rivelare “debolezze sfruttabili a tradimento”, dall’altra – lato business – capire esattamente come utilizzare al meglio le piattaforme come Facebook, Google, YouTube… per generare traffico mirato, ossia individuare ed entrare in contatto con tanti potenziali clienti ideali in poco tempo, trasformarli in clienti reali e mantenerli il più a lungo possibile.
Per sapere come farlo inizia ora la tua formazione e non perdere altro tempo prezioso.
Come scuola offriamo diverse possibilità fra corsi online, corsi individuali o in azienda e puoi scegliere quello che meglio rispecchia le tue esigenze, perché ricorda: la formazione non è un costo ma un investimento su di te e il tuo futuro.
Autore

Guglielmo Arrigoni
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